Certo ne è passata di acqua sotto i ponti da quando, nel 2012, fu pronunciata la famosa frase “I think we’re smoking illegal materials if we think we’re going to make those [profitably]. It just won’t work.” riferendosi alle auto elettriche che all’epoca si producevano con riluttanza e si vendevano in perdita (ad esempio in California) perché lo richiedeva qualche legge. Lasciamo a voi scoprire chi lo ha detto…
Intanto in questi anni è successo che Tesla, la prima azienda ad aver massicciamente investito nell’auto elettrica, e a essersi integrata verticalmente per produrne le batterie e per costruire una rete di punti di ricarica ad alta velocità, e ad avere un background culturale aziendale da software company più che da car maker tradizionale, ha messo in fila una serie di risultati quasi imbarazzanti per la concorrenza tradizionale, che sta correndo ai ripari anche con episodi di difficoltà. Ma proviamo a ripercorrerne i più salienti.
I risultati concreti della rivoluzione Tesla
- Tesla ha costruito una Gigafactory in Nevada, poi una a Shanghai, che è entrata in produzione da zero in un anno e che adesso produce abbastanza per esportare anche verso l’Europa; ha iniziato a costruire una Gigafactory a Berlino, per servire il mercato UE e una in Texas per nuovi modelli (Tesla Semi, Cybertruck, Roadster), queste ultime dovrebbero essere pronte quest’anno
- ha rivoluzionato i metodi produttivi della scocca introducendo i più grandi macchinari al mondo per la pressofusione, prodotti in Italia, con i quali si produce in un pezzo solo, in 90 secondi circa, il posteriore (e fra poco l’anteriore) del telaio.
- ha sviluppato in proprio chip neurali per il sistema di guida autonoma, che addestra facendo anche uso dei dati raccolti dalla flotta di auto in circolazione, che è già di oltre 1 milione di esemplari e che a metà 2020 aveva circolato (accumulando “esperienza”) per circa 5 miliardi di chilometri
- ha introdotto, in modo pionieristico nel settore automotive, la funzionalità di aggiornamenti over-the-air con cui ha sistemato difetti, aggiunto funzionalità, aumentato gratis le prestazioni, migliorato l’efficacia degli ADAS, e così via, dell’intero parco circolante, senza richiedere ai clienti di portare l’auto in officina. Ha anche sfruttato la tecnologia OTA per lanciare un pacchetto “performance boost” come aggiornamento a pagamento (2000 dollari) per aumentare in modo significativo l’accelerazione.
- ha lanciato un nuovo formato di celle, il 2170, per due suoi modelli mass market, e da poco ha annunciato un ulteriore nuovo formato con innovazioni tecniche di processo e di prodotto, il 4680, per i suoi prossimi modelli. Dato anche l’ingente volume di acquisti previsti, il condizionamento che Tesla esercita sul mercato dei produttori di batterie al Litio è tale che Panasonic metterà in produzione il nuovo formato 4680 in volumi ancor prima che riesca a farlo Tesla stessa.
- ha realizzato con investimento proprio i SuperCharger, una rete di ricarica proprietaria DC ad alta velocità per le sue auto che, partita nel 2013 con 8 stalli, ha già superato i 20.000 stalli, con presenza in Nord America, Europa e Asia orientale, che è già alla terza iterazione tecnologica (la V3 che raggiunge i 250 kW per colonnina); addirittura ha annunciato una nuova fabbrica dedicata alla produzione in proprio delle sistemi Supercharger e ha aperto a Shanghai, e non in Usa o Ue, la più grande stazione Supercharger al mondo
- ha prodotto e venduto, lo scorso anno, 500 mila auto full electric, e per quest’anno punta a venderne fra 800mila e 1 milione;
- già a luglio 2018, il suo modello mass market (model 3) negli USA aveva raggiunto una quota di mercato, nel suo segmento (mid size premium sedans), superiore alla somma delle quote di mercato di tutte le più note concorrenti del segmento: BMW serie 3, Audi A4, Mercedes classe C, Lexus IS e Jaguar XE.
- grazie al vantaggio competitivo che si è costruita, sta iniziando a tagliare i prezzi mettendo in difficoltà la concorrenza che è “costretta” a vendere molte auto elettriche, specie in Europa, per evitare salatissime multe, e che potrebbe essere costretta a venderle con margini di guadagno ridotti o nulli per rispondere alla mossa di Tesla;
- ha anche sviluppato un business parallelo su tetti fotovoltaici e sistemi d’accumulo domestici a batteria, per perseguire una visione di transizione energetica complessiva e sfruttare sinergie con la propria capacità produttiva di batterie per autoveicoli;
- ha cominciato a produrre utili netti fin dal 2019 e lo ha fatto per 5 trimestri di fila e si attendono i dati sul possibile sesto consecutivo (il Q4 2020);
- è stata ammessa a far parte dell’indice S&P 500 sul mercato azionario di New York;
- il prezzo di una sua azione è salito da 6.63 dollari (nel 2012) a 846.64 dollari (al closing del 22 gennaio) (naturalmente tenendo conto dello split 5:1 avvenuto lo scorso agosto);
- durante la pandemia, mentre tutti gli altri perdevano vendite, Tesla riusciva ad aumentare le proprie;
- la sua capitalizzazione di Borsa è arrivata all’astronomica cifra di 802 miliardi di dollari (sempre al closing del 22 gennaio), che è circa uguale alla somma della capitalizzazione totale di Borsa di tutti i car maker principali, inclusi Nio (la rivale cinese di Tesla), Ferrari, Tata, Mitsubishi, Honda: messi tutti insieme (vedi tabella) arrivano a valere 835 miliardi, più o meno come la sola Tesla; se la crescita prosegue, fra non molto il valore di Tesla crescerà abbastanza da poter “includere” in questo calcolo anche la capitalizzazione di Sony, che dopotutto si candida a diventare anch’essa un car maker cogliendo l’occasione della discontinuità tecnologica tra termiche ed elettriche, che di colpo annulla il valore di un know how e di un portafoglio brevetti costruiti in quasi un secolo dalle Case che tutti conosciamo.
- il suo Ceo e fondatore, Elon Musk, è recentemente diventato l’uomo più ricco del mondo dato che il suo pacchetto di azioni Tesla (che nel 2019 era pari al 20% circa del capitale) vale intorno a 200 miliardi di dollari, ancora più del valore delle azioni Amazon possedute da Jeff Bezos.
Daimler-Benz | 63 |
Volkswagen | 87 |
Renault | 10 |
Stellantis (FCA+PSA) | 40 |
Toyota | 241 |
Nissan | 21 |
Nio | 97 |
Ferrari | 35 |
Tata | 13 |
Mitsubishi | 3 |
Honda | 47 |
Hyundai | 53 |
General Motors | 80 |
Ford | 45 |
Il 2020 ha segnato la svolta nella storia dell’auto
Insomma, decisamente qualcosa è cambiato dai tempi in cui l’auto elettrica era circondata da un forte scetticismo. La storia di Tesla ha convinto molti (Governi compresi) che la transizione è possibile, che sarà molto più veloce di quanto si pensasse, che darà vantaggi a chi vi parteciperà (e cadono quasi tutte le principali barriere all’ingresso e le posizioni di vantaggio, tanto che oggi tutti possono buttarsi sul nuovo business – anche industrie di elettronica di consumo, o aziende fondate da zero), mentre chi ne resterà fuori sarà sostanzialmente condannato, nel medio termine, a sparire o a occupare una sorta di nicchia per amatori.
Ha anche avuto l’indiscutibile merito di dare un forte e convincente contributo a un cambiamento non solo di politiche governative e di strategie industriali, ma anche e soprattutto di opinione pubblica, che è poi l’unico vero “motore primo” che può giustificare dal punto di vista economico il movimento complessivo.