Tre cose importanti, che forse non sapete, sulla Sharing Mobility

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La nuova mobilità avanza o è ancora lontana? Indagini ed opinioni si sono confrontati nel corso della Quinta Conferenza Nazionale sulla Sharing Mobility, tenutasi oggi nella bellissima location dell’acquario romano.

La sfida che la sharing mobility deve ancora affrontare è la diffusione dei servizi in tutta Italia, nelle città non solo grandi, ma anche medio-piccole. Oltre il 50% dei capoluoghi italiani non dispone ancora di un servizio di sharing: l’area più penalizzata è il Sud.

Gli scambisti di dati sono più di quanto si pensi

A nostro avviso gli argomenti più interessanti sono stati affrontati alla fine della relazione di Luca Onorato (Deloitte), che ha presentato le frontiere dei nuovi modelli di business. Una mappa di sensibilità verso la condivisione di dati più o meno personali mostra che c’è disponibilità del consumatore di cedere parte delle informazioni di percorso in cambio di sconti e servizi esclusivi. Se confermata su volumi maggiori, questa tendenza potrebbe essere rilevante perché in Europa i legislatori stanno andando verso una maggior protezione di qualsiasi tipo di dato, ovvero in direzione opposta a quello che le popolazioni sembrano indicare.

In apertura di mattinata, il Rapporto sulla sharing mobility è stato presentato da Massimo Ciuffini della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Nel 2020 (e non solo) siamo stati costretti all’immobilità, quindi la domanda di mobilità è caduta. Nei numeri complessivi il 2021 mostra una ripresa, ma attenzione perché è dovuta solo alla contabilizzazione dei monopattini elettrici nell’offerta complessiva.

Per un vero ripensamento della mobilità, i servizi di mobilità dovrebbero essere integrati. 

In realtà non ci sono i presupposti: i vari servizi non sono sempre presenti nelle varie città, anzi tutt’altro. E se non ci sono, come si fa ad integrarli?

La città da 15 minuti richiede infrastrutture all’altezza

L’idea che qualsiasi servizio debba essere raggiungibile in 15 minuti è un’idea utopistica (ma volendo avvicinabile) che sta facendo molta strada, soprattutto dopo la formulazione del Progetto Neom

Nel presentare il già citato Monitor Deloitte, Luca Onorato ha ricordato alcuni punti importanti anche in quest’ottica. Per esempio, per ora solo un italiano su 10 usa servizi di mobilità e solo un giovane su 4 ipotizza in un futuro di poter fare a meno dell’auto di proprietà. Le infrastrutture non sono all’altezza, e nel pensare a idee come la città da 15 minuti si ricordi che per il lavoro è una soluzione impensabile nei grandi centri.

Il pianeta da 8 miliardi chiama i technoworkers

A nostro avviso c’è però necessità di fare una riflessione ulteriore. Affrontare i dati attuali quasi come se negli ultimi anni non fosse successo nulla è tatticamente corretto, ma forse strategicamente sbagliato. Il mondo ha quasi 8 miliardi di abitanti molto connessi, ma continuiamo a pianificarlo come se ne fossimo 800 milioni e ben poco connessi sia tra singoli vicini, sia tra gruppi distanti.

Gli effetti del Covid su mobilità e tasche delle persone sono stati pesanti e non sono ancora terminati. Si pensi a cosa ancor oggi nasconde la cassa integrazione fino a dicembre 2021. Il lavoro a distanza, il non ritorno al lavoro e molte altre implicazioni richiedono una valutazione degli effetti sia lineari, sia non lineari (inattesi e sconvolgenti).

Il Covid è giunto in un periodo di tumultuosa trasformazione del lavoro in chiave tecnologica che richiede molti più technoworkers di prima. La tecnologia propone effetti positivi ed effetti negativi, tutti da esplorare in un periodo di profonda trasformazione. Senza un cambiamento di vita reale nelle abitudini delle persone, anche nella mobilità, gli effetti complessivi della tecnologia saranno ridottissimi.

Foto di apertura Photo by Lucian Alexe on Unsplash


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