Sulle auto fornite alla stampa per i test drive, Tesla prudenzialmente lascia attivi i log diagnostici, scoprendo che qualche volta i giornalisti più critici usano un pò troppo la fantasia (o la malizia)
Un paio di giorni dopo la pubblicazione dell’articolo del New York Times sullo sfortunato viaggio autostradale di una Tesla Model S sulla East Coast americana in inverno, per testare la nuova infrastruttura di ricarica rapida SuperCharger promossa da Tesla, e in cui era stato presentato un quadro di esperienza d’uso pieno di complicazioni e brutte sorprese, non certo incoraggiante per gli aspiranti proprietari di quest’auto elettrica da 80-100mila dollari, il costruttore come promesso svela i log diagnostici di bordo e spiega perchè le affermazioni del giornalista in molti casi non corrispondevano alla realtà.
Tesla sottolinea che la Model S non è affatto un’auto che teme i climi rigidi, anzi il mercato su cui hanno la maggior penetrazione in rapporto alla popolazione è quello norvegese insieme a quello svizzero: circa metà del totale dei clienti della Roadster e della Model S guidano le loro Tesla a temperature tipiche ben inferiori allo zero in inverno. Ma tutte le temperature estreme sono state testate, non solo quelle basse: la vettura è stata guidata tanto su percorsi di ghiaccio nel Minnesota in inverno quanto nel deserto della Valle della Morte in piena estate, e proprio un altro cronista del New York Times ne aveva guidata una dalle montagne innevate intorno al lago Tahoe giù giù fino a Los Angeles, in un viaggio di 1.000 km in cui ovviamente ci si è serviti della rete di stazioni di ricarica rapida Supercharger che in California è già proporzionalmente più sviluppata che sulla East Coast (6 centri operativi contro 3).
Stupito per l’imprevisto fiasco, il costruttore ha quindi voluto veder chiaro nelle affermazioni del giornalista. L’ha potuto fare perchè sulle vetture fornite ai media vengono sempre lasciati attivi i log, dopo una esperienza negativa che Tesla ha avuto con il popolare show Top Gear, che in una prova della Roadster si divertì a mettere in scena un improvviso esaurimento delle batterie con conseguente ridicolo arrivo a spinta fino al garage: una circostanza simulata, che si era deliberatamente deciso di inscenare, con tanto di sceneggiatura scritta in anticipo, “imprevisti” compresi, atteggiamento per cui Tesla ha denunciato la produzione di Top Gear.
Qualcosa di simile, secondo Tesla, è accaduto nel caso della prova del New York Times, dove le sistematiche discrepanze fra quello che il cronista dice di aver fatto e quel che i log dimostrano essere stato realmente fatto, o anche solo il divario tra quel che il cronista ha fatto e ciò che il buon senso consiglierebbe di fare, starebbero a dimostrare che c’era l’intento di dimostrare a tutti i costi una tesi prestabilita.
Tanto per cominciare, i log di bordo dimostrano che la batteria della vettura non è mai arrivata a scarica completa in nessun momento del test, nemmeno nel momento in cui il giornalista ha chiamato il carro attrezzi. Come mostra l’immagine sotto, il grafico non è mai arrivato allo zero, nemmeno una volta.
Al contrario, si nota come il giornalista non si sia mai preoccupato di fare delle ricariche complete ma si sia sempre accontentato di “rabbocchi” parziali. Come mai? Gli interessava completare il viaggio o fare in modo di restare a piedi?
La prima ricarica è stata completata solo al 90%. La seconda ricarica, nonostante la narrazione delle difficoltà per arrivare alla seconda Supercharger, il giornalista ha deliberatamente caricato solo fino al 72%. Nella terza ricarica, nonostante il giornalista affermi di essere rimasto a piedi senza energia, ha pensato bene di fermarsi appena al 28%. Insomma, sebbene a suo dire ce l’abbia fatta ogni volta sempre più “per un pelo” ad arrivare alla prossima stazione di ricarica, ha ricaricato ogni volta di meno quando finalmente aveva la possibilità di farlo! Perchè mai un guidatore dovrebbe comportarsi in questo modo? Lo scopo era di poter finalmente ripartire in tranquillità e finire il viaggio o di provocare deliberatamente un’avventura esilarante da poter raccontare?
Secondo, la tratta finale del viaggio era di 61 miglia, ma il giornalista, non si sa in base a quale logica e con quali intenti, ha pensato bene di interrompere la ricarica in corso quando il trip computer indicava che l’autonomia aveva raggiunto le 35 miglia.
Non serve leggere le istruzioni o ricevere consigli dal costruttore per capire che se si vogliono percorrere 61 miglia, prima di partire è bene ricaricare la batteria fino a quando l’autonomia residua non abbia raggiunto un valore almeno pari o superiore alla strada che ancora resta da fare! Questo vale anche per le auto a motore termico, fra parentesi. Imbarcarsi in un viaggio di 61 miglia vedendo fin dal primo metro che l’autonomia stimata è della metà significa semplicemente cercare guai. Comunque la Model S è riuscita a percorrerne 51, di miglia, contro le 35 stimate.
A un certo punto del test, precisamente al miglio 182, il giornalista, preoccupato della scarsa autonomia rimasta, afferma di aver ridotto il riscaldamento per risparmiare energia. Ebbene il grafico della temperatura impostata in cabina rivela che al miglio 182 lui ha fatto esattamente il contrario di quello che ha scritto nel suo racconto del viaggio: ha alzato la temperatura anzichè abbassarla!
Come mai?
Quello che il cronista ha fatto in prossimità della stazione di ricarica di Milford è addirittura eclatante, specie nel modo palese e sfacciato in cui appare nei log.
Il giornalista dopo aver decelerato per l’ingresso nell’area di servizio comincia a guidare l’auto a bassa velocità, percorrendo per 5 minuti mezzo miglio in grandi cerchi nel parcheggio tentando di far esaurire completamente la batteria della vettura! Come mai?
Successivamente il cronista ricarica l’auto solo per 47 minuti e riparte, contro le indicazioni ricevute di effettuare una ricarica completa. Nel suo racconto afferma però di averla ricaricata per 58 minuti. Come mai?
Inoltre, il racconto del giornalista dice che l’auto ha percorso meno strada rispetto all’autonomia indicata alla partenza: in realtà l’auto, pur indicando 32 miglia di autonomia alla partenza, è riuscita a percorrerne 51!
E poi c’è il mistero della velocità. Al miglio 182, quello in cui il cronista scrive di aver sentito il bisogno di economizzare energia, ma ha aumentato anzichè ridurre la temperatura del riscaldamento in abitacolo, c’è un’altra discrepanza. Invece di fissare la velocità a 54 miglia orarie con il cruise control, come dice di aver fatto, in realtà la media per le successive 50 miglia percorse è stata di 60 miglia orarie.
Verso le 350 miglia c’è anche una punta di 80 miglia orarie. Più tardi ancora, nel resoconto del viaggio il cronista riferisce di aver limitato la velocità a circa 45 miglia orarie, al di sotto dei limiti, per cercare di preservare l’autonomia. E invece, nelle ultime 150 miglia la velocità di crociera non è mai di 45 miglia orarie ma sempre superiore (specialmente nell’ultima tratta, intorno alle 60 miglia orarie). Come mai?
La conclusione di Tesla è senza appello per il giornalista: “quando i fatti non combaciavano con la sua opinione, lui semplicemente ha cambiato i fatti”.
Le immagini dei grafici sono state pubblicate dal blog Tesla all’indirizzo: www.teslamotors.com/en_GB/blog/most-peculiar-test-drive