Tesla vede nella sostituzione della batteria un modo alternativo per i “rifornimenti” là dove Better Place è fallita, ma il costrutture tedesco è scettico, vediamo perché
Anche se Tesla, non contenta dello sviluppo in corso della rete di stazioni Supercharger, si prepara anche a inaugurare alcune “stazioni di servizio” di concezione diversa, operanti mediante sostituzione della batteria (i lettori di GreenStart ricorderanno la dimostrazione in cui a una Model S era stata cambiata batteria in un tempo inferiore a quello richiesto per fare il pieno a una Audi A8), Volkswagen vede soprattutto complicazioni e svantaggi in questo tipo di approccio, tanto da non considerarlo realistico per il prossimo futuro.
Del resto la storia recente delle vicissitudini di Better Place, società israeliana che aveva investito sulle stazioni di sostituzione della batteria, dimostra come la strada sia in salita.
Il peso del pacco batterie, per cominciare, si aggira sui 300 kg, e le viti di fissaggio normalmente usate non sono certo concepite per essere rimosse e serrate nuovamente ogni giorno.
Le batterie sono integrate nel telaio dell’auto in un modo che non ne facilita l’inserzione o la rimozione: per rendere facili queste rimozioni si rinuncerebbe a qualche ottimizzazione (c’è da attendersi, per esempio, che la forma del pacco batterie dovrebbe diventare più lineare per consentire di sfilarlo facilmente, ma così facendo si perderebbe la possibilità di sfruttare tutto il volume disponibile negli anfratti circostanti, penalizzando di fatto l’autonomia dell’auto). Su questo punto bisogna osservare che probabilmente Tesla ha progettato l’auto intorno al suo pacco batterie e in modo tale da consentire espressamente lo scenario di sostituzione batteria, mentre Volkswagen sta utilizzando una piattaforma comune a quella dei modelli a propulsione termica (per la e-Golf, la recente MQB).
Inoltre, per un costruttore che realizza tutta una gamma di vetture elettriche, ognuna dotata di batteria di taglia appropriata per il modello di auto, l’approccio della sostituzione batterie richiederebbe di tenere scorte di varie pezzature diverse.
A meno di non utilizzare in tutti i modelli una taglia di batteria che possa entrare nel modello più piccolo, cosa che evidentemente penalizzerebbe il modello più grande. Per esempio, si sarebbe dovuta utilizzare nella e-Golf la stessa batteria della e-Up, ottenendo una autonomia, insufficiente, di circa 140 km.
Un altro problema, secondo Volkswagen, riguarda la concentrazione di consumi elettrici che si avrebbe nella stazione di servizio. Supponendo di gestire (almeno nelle ore di punta) un flusso di sostituzioni di batterie dell’ordine di una batteria da 50 kWh ogni 3 minuti, la stazione richiederebbe circa 1 MW di potenza per effettuare le necessarie ricariche: un livello di potenza normalmente non compatibile con i flussi erogabili da un allacciamento standard alla rete elettrica.
Questo argomento è opinabile a nostro giudizio in quanto innanzitutto appare del tutto ragionevole che la stazione di servizio elettrica possa avere un allacciamento non standard alla rete elettrica, e poi perchè sarebbe comunque possibile effettuare una “diluizione” del fabbisogno di corrente rispetto all’ora di punta, semplicemente mantenendo una certa scorta di batterie cariche con cui fare fronte alla domanda di batterie sostitutive, ricaricando quelle ritirate in un lasso di tempo “spalmato” meglio sulle altre ore della giornata.
In generale, l’argomento secondo cui la stazione di servizio richiederebbe un flusso di energia paragonabile a quello richiesto per mettere in carica tutte contemporaneamente le batterie che vengono ritirate ci sembra viziato. Il concetto di sostituire e non ricaricare la batteria è proposto proprio perchè ricaricare la batteria richiede un tempo “troppo lungo”. Se ricaricare la batteria richiedesse tanta potenza, ci si impiegherebbe un tempo breve e non ci sarebbe bisogno di introdurre stazioni di scambio batteria.
La sostituzione di batterie consente precisamente di non dover investire massicciamente in stazioni speciali come le Supercharger di Tesla, che erogano 120 kW e ricaricano circa metà di una batteria da 85 kWh in poco più di 20 minuti.
Facciamo qualche conto. Se una batteria da 50 kWh venisse ricaricata a un ritmo meno estremo, diciamo 10 kW, la sua ricarica completa (caso pessimo; non sempre il guidatore riconsegnerà una batteria totalmente scarica) richiederà 5 ore. Con 1 MW di potenza disponibile, la stazione di servizio potrebbe gestire la ricarica simultanea di 100 batterie; disponendo di 24 MWh/giorno, il massimo volume giornaliero di batterie trattabili (sempre assumendo di partire sempre da carica nulla) sarebbe di circa 480 batterie. Se il numero di batterie/giorno da trattare fosse inferiore, basterebbe un allacciamento alla rete con una potenza inferiore.
Le temute ore di punta potrebbero essere gestite sia offrendo (magari con sconto sul prezzo per kWh) batterie solo parzialmente ricaricate (dopotutto, anche gli automobilisti che si fermano a fare benzina non fanno tutti necessariamente il pieno), oppure serbando una scorta di batterie cariche, oppure anche appoggiandosi a un centro di ricarica esterno alla stazione di servizio (trasportandovi le batterie da caricare) per gestire i picchi che non sono gestibili localmente in modo autonomo.
Insomma, il dibattito è aperto, e sarà interessante vedere se le stazioni Tesla “a sostituzione di batteria” avranno successo come o addirittura più delle stazioni Supercharger, oppure se le previsioni negative di Volkswagen si riveleranno azzeccate.