Nuovi materiali come lo zolfo e una nuova tecnica produttiva per gli elettrodi delle batterie al Litio, consentono di ottenere una eccezionale combinazione di capacità e durata
E’ del tutto ovvio che se diventasse commercialmente disponibile a costi abbordabili un nuovo tipo di batteria al Litio con capacità quintupla e durata oltre doppia rispetto alle attuali l’impatto (positivo) sul mondo delle auto elettriche sarebbe formidabile. Ed è proprio questo che promette l’invenzione annunciata ieri su Nature Communications dai ricercatori dell’università di Stanford.
Quando si parla genericamente di batterie al Litio, questo elemento è sempre presente ma fondamentalmente nell’elettrodo Anodo e spesso anche nell’elettrolita. Invece i composti utilizzati per la realizzazione dell’elettrodo Catodo possono essere svariati e differenziano considerevolmente le prestazioni della batteria.
Nel tipo più comune di batterie al Litio, solitamente chiamate Litio-Ioni, il catodo è realizzato in diossido di manganese. Sono di questo tipo oltre i tre quarti di tutte le batterie al litio attualmente prodotte.
Le batterie note come Litio-Polimeri costituiscono una evoluzione di questo schema, ma con un elettrolita solido anzichè liquido, realizzato con un polimero conduttivo. Questi tipi di batterie possono immagazzinare mediamente 250-300 Wh per kg e tipicamente mantengono l’80% della loro capacità dopo 500 cicli di carica-scarica.
Fin qui la tecnologia commercialmente disponibile. Da un punto di vista teorico, però, è noto da tempo che esistono altre combinazioni di materiali per il Catodo che possono incrementare notevolmente la densità energetica delle batterie al Litio, se si riuscissero a risolvere alcuni problemi costruttivi.
Emblematico il caso dello Zolfo. Teoricamente, batterie al Litio con catodo di zolfo dovrebbero immagazzinare ben 1600 Wh/kg, oltre 5 volte la capacità delle comuni batterie Li-Ion e Li-Polymer. In pratica risulta difficile costruire simili batterie, perchè i composti che si formano sul Catodo durante la scarica tendono a disperdersi e perchè provocano una espansione delle dimensioni del Catodo stesso che col tempo portano alla fessurazione del suo involucro di contenimento.
Ora i ricercatori dell’università di Stanford hanno scoperto il modo di costruire un Catodo di zolfo con un sistema di contenimento che concilia le esigenze elettriche, chimiche e meccaniche permettendo alle reazioni litio-zolfo di avvenire regolarmente ma senza apprezzabile deterioramento della struttura dell’elettrodo, per una lunga durata.
L’accorgimento consiste nel polverizzare le particelle di zolfo su una scala di 800 nanometri e nel circondarle singolarmente con dei nanogusci di biossido di titanio di diametro leggermente superiore a quello delle particelle di zolfo contenute: un po’ come un uovo con guscio di titanio, tuorlo di zolfo e albume assente. La cavità tra “guscio” e “tuorlo” permette alla particella di zolfo di formare composti con il Litio e quindi di crescere di dimensioni durante la scarica, ma senza sottoporre a stress l’involucro grazie allo spazio libero.
Il processo nanotecnologico con cui vengono ottenute queste sferule con cavità è la vera innovazione. Si parte con le nanoparticelle di zolfo, si depone sulla loro superficie il rivestimento di titanio solido nanoporoso e infine si utilizza un solvente dello zolfo, che sia capace di permeare il guscio di titanio (ma senza scioglierlo), penetrare all’interno e qui corrodere il “tuorlo” di zolfo riducendone il diametro a parità di diametro del guscio, creando così la cavità in ogni sferula.
(fonte: Nature.com)
Estremamente interessanti le conseguenze. Con i primi prototipi si è già osservata una densità energetica di 1030 Wh/kg, non ancora al massimo valore teorico eppure già 4-5 volte superiore a quella delle comuni batterie al Litio. Di grande rilievo anche la durevolezza visto che dopo 1.000 cicli di carica-scarica la batteria ha mantenuto il 70% della capacità e ben il 98.4% di efficienza faradica (ossia la frazione di carica che viene effettivamente restituita durante la scarica, senza dispersioni): quest’ultimo dato dimostra che a livello nanostrutturale non ci sono state le temute alterazioni che di solito compromettono la funzionalità dei Catodi di zolfo.