Italia e Cina tra le auto elettriche e la nuova geopolitica

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Una moderna auto in un porto che issa una strana bandiera che confonde quelle di Cina ed Italia
Midjourney immagina questo accordo mostrando un'auto moderna in un porto battente una strana bandiera.

Per un Governo, mantenere la rotta in un mare in tempesta come quello nel quale stiamo vivendo è praticamente impossibile. Notoriamente il Governo italiano si muove con molte anime diverse tra debito pubblico vecchio, nuovo debito pubblico, guerre che riguardano la Russia e Israele, turbolenze politiche in Germania, azioni della Cina verso Taiwan. Qualcosa potrà trovare una soluzione, più o meno buona, dopo le elezioni degli Stati Uniti, che si terranno il prossimo 5 novembre. Ma non moltissimo.

Draghi e Dragoni

Qualche altra azione è stata chiesta dalla Commissione Europea a Mario Draghi, che ha prodotto un rapporto nel quale si indicano cifre altissime per rendere efficaci i teorici piani di reindustrializzazione dell’Europa. Difficilmente leggi, umori e lingue diverse come quella della Babele attuale troveranno punti d’incontro robusti, duraturi e di celere attuazione, ma almeno un riferimento è stato scritto.

Certamente alcune scelte di politica industriale potrebbero essere fatte con una certa tranquillità, almeno ragionando dal tavolo e non nel mezzo delle cose. 

Per quanto riguarda il fotovoltaico, l’Italia viene raggiunta da molto sole e quindi una forte scelta industriale verso la produzione locale di impianti fotovoltaici con semplificazione amministrativa sembra semplice da attuare. Abbiamo la fortuna di poter valutare dopo i problemi riscontrati nel settore in Germania, dove molti incentivi hanno portato a turbolenze che hanno messo in crisi le fabbriche di pannelli.

Non si tratta di una questione di poco conto: la stessa Germania ha creato incalcolabili imbarazzi e problemi nel tempo con la scelta della Merkel, poi rivelatasi errata, di affidarsi alle fonti fossili russe.

La sfida della politica industriale italiana

Un altro punto riguarda la svolta verso l’auto elettrica. Da noi sembra che le azioni del Governo da un lato concedano qualcosa (incentivi), dall’altra blocchino (normative, accordi) un normale aspetto di mercato.

Il Governo italiano sembra partire dalla necessità di mantenere al lavoro gli addetti dell’industria, circa 1,45 milioni considerando tutti i tipi di veicolo, dei quali a spanne oggi solo 450.000 sono occupati. Anche sui 450 mila bisognerebbe ricalcolare le reali condizioni, dopo le ultime azioni nei siti di Atessa, Cassino e Pomigliano. Credere in Stellantis non si è rivelata una pratica affidabile. Sembrava evidente, visto anche che l’azienda ormai olandese gioca con disinvoltura su molti tavoli (si pensi alle batterie, altro settore nel quale l’Italia avrebbe potuto fare molto di più). Ma per mille motivi non si poteva non essere più che disponibili ad ascoltare le loro promesse.

Ora ci si muove verso la Cina, con la quale un precedente Governo aveva fatto ampi patti commerciali che riguardavano prodotti finiti, semilavorati e… porti. Questi accordi, ufficialmente interrotti dall’attuale Governo, stanno in realtà trovando nuova linfa. La Cina d’altronde sta tessendo una rete di accordi di vario genere -forse anche neocolonialistici- che la pongono al centro del mondo, scavalcando l’Europa che da sempre si ritiene il vero fulcro dell’umanità. Non è la prima volta che la Cina ci ignora: lo ha fatto già molti secoli fa, quando lei era ricca e felice e noi europei mangiamo in piedi senza posate, pisciando nelle calzamaglie.

Già oggi l’Italia smercia diverse migliaia di veicoli elettrici (e non) di provenienza cinese, con un certo successo. Il Governo attuale sta mettendo in piedi un piano che prevede l’arrivo in Italia di ulteriori veicoli da Dongfeng che diano lavoro ad alcune centinaia di migliaia di addetti del Belpaese.

Dong feng è un’azienda statale le cui richieste al nostro governo si stanno dettagliando solo in questi giorni. Insomma, nel caso di accordo concluso passerem(m)o da credere a Stellantis a credere a Dongfeng.

Acciaio e chip

Difficilmente si riuscirà a far rientrare in questo discorso una produzione affidabile di acciaio per i nostri morenti altiforni, fonte di tanti guai negli anni della loro vita.

Non è chiaro se in questo accordo ci sarebbe lavoro anche per l’industria del chip italiano, tanto decantata ma di produzione limitata e a nostro parere non destinata a restare competitiva né in Europa, né tantomeno nel mondo. Si parla di 60 nuove fabbriche cinesi di chip a tecnologia medio-bassa (quella che per lo più facciamo in Italia) pronte a ribassare i prezzi di mercato per tutta l’elettronica delle auto. E a parte andrebbe considerata la parte di potenza, dove qualcosa facciamo anche in Italia ma in un settore nel quale il leader per la produzione è, guardacaso, la Cina.

L’elezione del prossimo Presidente Usa, sia Trump o Harris, porterà comunque ad una ridefinizione dei rapporti commerciali in modo più o meno violento, ma comunque forte. Già dazi ed altre scortesie stanno cercando di ritardare un processo inarrestabile come la trasformazione elettrica digitale. Fare accordi con la Cina è però un problema geopolitico. Usa ed Europa non sono favorevoli alla penetrazione commerciale dell’accordo tra Italia e Cina; l’Europa ha anche avviato un’indagine sui veicoli cinesi.

Usa ed Eu contro accordi con la Cina

Sull’argomento riporta Reuters che “l’indagine UE sui veicoli elettrici cinesi sta seriamente influenzando la fiducia delle case automobilistiche cinesi nell’investire in Italia, mentre incombe un voto regionale su tariffe aggiuntive”, ha dichiarato Wang Wentao, ministro del Commercio cinese.

La cooperazione tra i settori automobilistico cinese e italiano ha una base “solida” e un potenziale “enorme”, ha detto Wang a Adolfo Urso, ministro dello Sviluppo economico italiano, in un incontro a Roma.

Successivamente, Wang ha incontrato Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo e commissario per il commercio della Commissione europea.

Nel frattempo, direttamente o indirettamente attraverso i Paesi Brics, Africa e Sudamerica, la Cina sta generando una nuova geopolitica che gira intorno all’asse atlantico Usa/Eu, che sconquassa i classici rapporti tra dollaro e Yuan nei quali si inserisce l’Euro.

La sicurezza del sistema Europa

Ma torniamo al piano italiano. Sempre a guardarlo da casa, l’accordo tra Italia e Cina ha un’altra criticità: l’accesso ai porti. Può sembrare una piccolezza, ma la rete dei porti europei, che si sta cercando di armonizzare, è una infrastruttura critica per il commercio e per la difesa. Dare l’accesso ad aree di due porti europei ad auto extra-regione potrebbe creare problemi all’intera rete continentale. Il 18 ottobre entrerà definitivamente in vigore la normativa Nis2, che armonizza ed aggiorna la sicurezza digitale in generale, e anche nei porti. Di tutte le leggi digitali finora eruttate dall’Europa, dal Gdpr all’Ai Act, il Nis-2 sembra quella che meno cede ad astruse teorie in punto di diritto e più mette le mani su problemi reali.

L’Unione Europea potrebbe già ora invalidare l’accordo per le auto cinesi in Italia. Se poi il prossimo Governo Usa dovesse inasprire questi aspetti, chiedendo ai Paesi amici di abbandonare i progetti, il Governo italiano si troverebbe senza auto, senza lavoro e forse senza alleati. Eppure qualcosa bisogna fare.


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