Tre incendi, tre situazioni, tre indagini e fiumi di parole. Ma a noi interessa in particolare cosa fare per migliorare sempre di più la sicurezza
Partiamo dai fatti: tre delle circa 20mila Tesla Model S vendute sono state interessate da incidenti che hanno portato allo sviluppo di incendi. Ecco quali.
Primo caso: 1 ottobre
Viaggiando nei dintorni di Seattle, una Model S travolge un grosso oggetto metallico probabilmente caduto da un rimorchio. A seguito dell’urto viene perforata da sotto (con una forza stimata in 25 tonnellate) la piastra di protezione del pacco batterie. L’auto rileva l’anomalia, informa il guidatore di arrestare il veicolo e scendere; dopo qualche tempo inizia un incendio nella parte danneggiata del pacco batterie.
Secondo caso: 18 ottobre
Una Tesla in viaggio ad alta velocità a Merida, nello Yucatan (Messico) salta un cordolo, urta e addirittura sfonda una sezione di un muro di cemento per poi finire contro un grosso albero. Il guidatore, ubriaco secondo i testimoni, può comunque lasciare il veicolo senza ferite permanenti (e, secondo un comunicato Tesla, chiede di fare il possibile per consegnargli nei tempi più brevi la Model S che ha riacquistato dopo l’incidente). L’auto viene abbandonata in preda al parziale incendio per diversi minuti prima che arrivino i pompieri. Nel filmato qui sotto si vede che durante l’incendio si verificano un paio di piccole esplosioni.
Terzo caso: 2 novembre
Nel Tennessee si verifica un incidente con dinamica simile al primo. Una Model S in viaggio a circa 110 km/h, seguendo da vicino un camion, non riesce a evitare di investire durante la marcia un particolare metallico lasciato per strada (un grosso gancio di traino) che anche in questo caso perfora da sotto il pianale. Non è ancora chiaro se il pacco batterie sia stato coinvolto nella progressiva generazione dell’incendio (che non è comunque arrivato a interessare l’abitacolo). Il proprietario dell’auto pubblica il suo racconto dei fatti sul sito Tesla e dice che ne ricomprerebbe un’altra senza esitazione.
In almeno due dei tre episodi, la placca di protezione del pacco batterie posizionata sotto il pianale sembra non aver resistito all’urto, indubbiamente violento, con un oggetto metallico. Sorge quindi il dubbio sulla sua resistenza: in quale materiale è realizzata? Chi dice acciaio, chi dice alluminio. Ma una semplice prova effettuata con un magnete da un giornalista di un sito specializzato ha rivelato che il materiale non attrae una calamita… la conclusione è che si tratti di alluminio.
Lo spessore della piastra è di un quarto di pollice, circa 6.5 millimetri. È sufficiente per resistere? E a quali urti deve resistere? Alcuni veicoli militari utilizzano corazze di alluminio per protezione contro schegge o proiettili di piccolo calibro, ma lo spessore utilizzato è di un pollice e mezzo, quindi sei volte tanto. Se la piastra della Model S, a parità di spessore, fosse d’acciaio anzichè d’alluminio, sarebbe certamente più resistente, ma peserebbe 200 kg contro circa 75.
È interessante notare che a Tesla nel 2012 è stato concesso un brevetto USA per una soluzione di protezione denominata “scudo balistico per il pacco batterie di un’automobile”. Evidentemente l’importanza di una adeguata protezione del pacco batterie è da tempo ben chiara alla Casa, ma alla luce dei recenti casi di insuccesso della corazza a base di alluminio è probabile che si stia pensando a qualcosa di più resistente. Staremo a vedere.