Fiat pronta a rivedere gli investimenti in Italia causa ecoincentivi

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L’ecoincentivo e relativa “ecotassa” sembrano incombere sopra il futuro di Fiat o Fca al punto da paralizzare gli investimenti futuri, quasi una foglia di fico posizionata in malo modo per nascondere una situazione di incertezza, per mancanza di una chiara strategia. Questa è almeno l’immagine che ci siamo fatti leggendo dichiarazioni di manager e di sindacati del Gruppo italoamericano negli scorsi giorni.

Del resto le scelte poco lungimiranti fatte nel passato si pagano nel futuro. Ce lo siamo detti più e più volte da anni ormai, perché in tutti i mercati in completo stravolgimento, e l’industria automobilistica lo è, la questione si ripresenta spesso.

Bisogna agire in fretta

L’auto elettrica, sembra si sia tutti concordi, è il comparto in cui investire, anche a gran velocità visti i risultati di Tesla. Gran parte del mondo automobilistico sembra averlo capito, ma l’unico produttore “italiano” di automobili, Fca, non solo non lo ha capito, ma continua a mostrare strategie poco condivisibili.

Miopi anche nelle proteste di un sindacato che vede nell’aggravio di prezzi di listino di alcuni modelli solo un rischio per i lavoratori, senza pensare al fatto che l’Italia si trova ad essere il fanalino di coda nella mobilità elettrica anche per le pressioni che da sempre il gruppo ha esercitato sulle scelte politiche, che altri Paesi hanno invece attuato da tempo, anche andando controcorrente e che si stanno concretizzando in questi ultimi anni.

Cosa si rischia (ancora) in Italia?

Chi si preoccupa infatti del mancato recupero della piena occupazione negli impianti in italia, o della possibile perdita di una parte dei posti di lavoro nel breve/medio termine, dovrebbe rendersi conto che il vero rischio di medio/lungo termine è casomai la sparizione quasi totale dell’occupazione in italia nel settore automobilistico “mainstream” (escludendo cioè senz’altro Ferrari e Maserati, speriamo anche Alfa Romeo) e del relativo indotto, con un processo strisciante, quasi carsico, ma già molto avanzato. Già oggi, forse senza che l’opinione pubblica se ne sia accorta, buona parte della gamma Fiat è infatti prodotta all’estero: 500L, Tipo (2 e 3 volumi e station wagon), Doblò, 500/500C e varianti Abarth, Fiorino, Qubo, 124 Spider sono prodotte in Serbia, Turchia, Polonia, Giappone. Resistono in Italia la Panda, la cui serie attuale è prodotta a Pomigliano ma la cui produzione però è previsto torni in Polonia, e la 500X. Quasi estinto il marchio Lancia, con la sopravvissuta Ypsilon prodotta anch’essa all’estero, in Polonia. Anche i motori Multijet 1.3 sono prodotti all’estero, in Polonia.

A volerlo proprio cercare, forse il lato “positivo” del fatto che Fiat ha già spostato all’estero gran parte della produzione mainstream (e programma di continuare, riportando la Panda in Polonia) è il fatto che in Italia è rimasto poco da chiudere, quindi l’impatto della mancata elettrificazione, se ci sarà, sarà minore di quello che ci sarebbe stato se lo stesso rischio ci fosse stato nel 1980.

I piani FCA sull’elettrificazione riguardano non esclusivamente, ma principalmente i marchi premium e top; quindi, almeno all’inizio, non è alle viste un forte impatto positivo sull’occupazione italiana legata ai marchi mainstream (di cui parliamo al plurale solo perchè ci ostiniamo a non voler credere che venga cancellato il marchio Lancia)

Investimenti per ora solo sulla carta

Fca sconta non aver fatto investimenti al tempo giusto, una strategia nel cui nome pone a rischio ciò che finalmente si era deciso di fare, un investimento di 5 miliardi di euro.

Infatti sembra che ora, visto ciò che riporta anche Reuters, sia da rivedere il piano di investimenti di 5 miliardi di euro prospettato da Marchionne nel periodo 2019-2021 che avrebbe portato a una piena occupazione delle fabbriche in Italia.

La causa di questo stop? L’ecoincentivo e la conseguente ecotassa, che tassando le auto con maggiori emissioni comporterebbe un aggravio di prezzo per diversi modelli di casa Fca. Scontato dire che nessuno dei modelli Fca rientra nella possibilità di avere incentivi, quindi le loro venderanno di meno. C’è chi la vede come un’opportunità e chi come un ostacolo o un alibi, sembra che dalle parti di Torino abbiano scelto questa seconda strada.

C’è da chiedersi cosa penseranno di un eventuale dietrofront i lavoratori, i fornitori e tutti gli altri stakeholder coinvolti nell’eventuale rimodulazione e se capiranno che non è certo colpa dell’ecotassa se l’Italia non si è ritagliata un ruolo di primo piano in questo nuovo scenario. Qualche possibilità di recupero c’è, ma bisogna muoversi in fretta.

Immagine di apertura: rielaborazione su foto Wikipedia

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