I “nuovi” motori a benzina che inquinano peggio dei vecchi

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Sorpresa: uno studio mostra che il downsizing dei motori a benzina riduce sì consumi e CO2, ma aumenta il particolato dannosissimo per i nostri polmoni

Come fare per rientrare con i motori a benzina entro le soglie di CO2 fissate dalle normativa Euro 5 ed Euro 6? La soluzione sembra semplice: diminuire il più possibile i consumi, aumentando il rendimento energetico

Ultimamente questo viene fatto riducendo la cilindrata (con riduzione degli attriti interni) e applicando il turbocompressore (incremento dell’efficienza di pompaggio con recupero di energia termica dai gas di scarico), ma anche utilizzando l’iniezione diretta di benzina per migliorare l’efficienza lato ammissione.

Il problema è che, se da un lato i consumi e quindi le emissioni di CO2 si riducono, dall’altro, per effetto delle alte pressioni d’esercizio che questi motori raggiungono nelle camere di combustione, crescono enormemente le emissioni di particelle: secondo i valori rilevati in uno studio di un centro ricerche indipendente tedesco, viene emesso un numero di particelle anche 1.000 volte maggiore rispetto a quelle rilasciate dai tradizionali motori a benzina (che erano noti per non emettere quasi particolato) e 10 volte maggiore anche rispetto ai diesel di nuova generazione. Insomma, un regresso che ha del clamoroso.

La ragione per cui questo non è emerso in precedenza sta nel fatto che le normative Euro 5 prevedono per le emissioni di particolato un limite di massa (4.5-5.0 mg/km) ma, nella prima formulazione dello standard (2007), non ne esprimevano uno relativo al conteggio delle particelle ma si limitavano soltanto a richiedere che ne venisse definito uno al più tardi entro la data di entrata in vigore della norma Euro 6. Quindi, intrinsecamente, nella sua prima formulazione l’Euro 5 è stato uno standard non eccessivamente sensibile al particolato fine: una stessa massa di particolato che rientra nel limite di massa può consistere in un numero di particelle anche estremamente elevato, in caso di particolato ultrafine (assai pericoloso per la sua capacità di infiltrarsi fin negli alveoli polmonari). Ma per i limiti di omologazione sarebbe stato tutto in regola.

Nelle progressive revisioni della normativa anti inquinamento una limitazione al numero di particelle è stata introdotta dapprima, nel 2008, per i diesel (già in euro 5) e poi, nel 2012, anche per i benzina (in Euro 6c), e la soglia massima – uguale in termini numerici per benzina e diesel – sarà di 600 miliardi di particelle emesse per km percorso. Il limite di massa rimarrà uguale per benzina e diesel, di conseguenza la sensibilità dello standard alla granularità del particolato, per quanto aggregata e approssimativa, sarà uguale per i due tipi di motore.

Con i livelli di emissione di particolato osservati, questi nuovi motori a benzina non potranno rispettare le normative Euro 6c a meno di non installare filtri antiparticolato, proprio come i diesel.

Senza filtro, i tre modelli a benzina considerati nello studio hanno infatti evidenziato emissioni di particolato pari a 2.400-3.900 miliardi di particelle al km, ossia da 4 a quasi 7 volte il limite (pur rispettando i limiti di massa imposti dallo standard Euro 5 per il quale erano regolarmente omologati).

Insomma, l’evoluzione tecnologica che il motore a benzina ha seguito nel tentativo di avvicinarsi ai bassi consumi dei diesel e di rientrare nei limiti di CO2 ha provocato un drastico peggioramento delle emissioni di particolato che richiederà necessariamente di complicare i benzina con filtri antiparticolato, il che priverà questi motori del vantaggio che ancora avevano rispetto ai diesel in termini di semplicità costruttiva e minor costo. 

Chissà che questo aggravio di costo e complessità non faccia calare l’infatuazione di mercato e costruttori per i “benzina moderni” e porti a una maggiore attenzione sulle soluzioni alternative come la trazione elettrica?


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