L’auto elettrica come parte integrante della rete elettrica nelle smart grid

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Un possibile supporto alla diffusione delle auto elettriche potrebbe proprio venire dai gestori della rete di distribuzione, analizziamo i benefici di averle collegate in rete

Potrebbero essere i gestori delle reti di distribuzione dell’elettricità a beneficiare di una massiccia diffusione delle auto elettriche. non solo perchè aumenterebbe la richiesta ma poiché le auto elettriche possono diventare un elemento fondamentale nelle reti intelligenti, le smart grids. Ma prima di passare a vedere il perché, descriviamo a grandi linee come è composta la rete attuale.

La rete elettrica tradizionale ha una architettura top-down: relativamente pochi grandi siti di generazione dell’energia e una rete di distribuzione, concepita principalmente come unidirezionale, verso le utenze.

Il gestore produce la corrente e i consumatori vengono tassati per l’uso che ne fanno. Se l’energia generata è eccessiva si cerca di immagazzinarla pompando acqua verso i bacini idroelettrici del Nord Italia (complessivamente capaci di immagazzinare una quantità di energia di circa 8 GWh), mentre se è insufficiente e non c’e’ tempo per mettere in linea capacità di generazione di riserva (purtroppo le centrali termoelettriche hanno una certa inerzia e non possono essere accese istantaneamente) si puo’ avere un black out.
Se alla rete sono collegati numerosi parchi eolici o fotovoltaici, la corrente che essi generano (spesso con ampi sbalzi dovuti alla variabilità del vento o della nuvolosità) rappresenta un duplice problema: primo, non è facile attivare in modo istantaneo il sistema tradizionale idroelettrico per raccoglierla e immagazzinarla; secondo, l’architettura della rete potrebbe non essere adatta per reggere gli ingenti flussi istantanei a lunga distanza che possono generarsi. Per esempio, la Puglia è ricca di parchi fotovoltaici, mentre i bacini idroelettrici sono concentrati sull’arco alpino. Immagazzinare un picco di elettricità generato in Puglia richiede di trasportarlo per 1.000 km e la rete non è certo stata progettata pensando a questo tipo di scenario.
Di recente (agosto 2012) Terna ha chiesto di avere la possibilità di disconnettere dalla rete impianti fotovoltaici ed eolici al fine di evitare sovraccarichi sulla rete a causa della sovrapproduzione di energia eolica e solare (!). A tale data, la potenza fotovoltaica installata nel nostro Paese ammontava a ben 15 GW (erano già saliti a 16.4 GW alla fine del 2012).
Nel 2011, ben 500 milioni di kWh prodotti dagli impianti eolici non hanno potuto essere immessi in rete e sono stati quindi “buttati via” (pur essendo incentivati a carico delle nostre bollette) per l’incapacità della rete nazionale di assorbirli.
Il gestore ha, insomma, un problema architetturale sulla rete: avrebbe bisogno di più capacità di immagazzinamento per raccogliere l’eccesso nei momenti in cui la produzione supera il consumo e per fare fronte, viceversa, ai picchi di consumo; poiché il blackout è più inaccettabile dello spreco di energia, la capacità di generazione è solitamente dimensionata per eccesso, con extra costi che sarebbe preferibile evitare; la topologia della rete è tradizionalmente pensata per flussi quantificati e diretti dal centro verso la periferia (piuttosto che da periferia a periferia).
Se si potesse avere, diffusa uniformemente nella rete stessa (ma soprattutto vicina ai centri di produzione da fonti intermittenti come solare ed eolico), capacità di immagazzinamento, si potrebbe sia raccogliere l’energia prodotta in eccesso (evitando di sprecarla) sia restituirla alla rete nei momenti di picco. Inoltre, non dovendo più fare fronte ai momenti di picco con la sola capacità di generazione primaria (le centrali), questa potrebbe essere ridimensionata (chiudendo una o più centrali), con risparmio dei costi. Infine, poichè in molte situazioni una quota dell’energia consumata nella periferia potrebbe provenire dalla capacità di immagazzinamento prossimale, anzichè dover per forza provenire dai siti di generazione “al centro” della rete, la rete stessa sarebbe meno soggetta a stress “radiale”, potendo spesso servire almeno parte del carico attingendo alle riserve locali.
Non stupisce quindi constatare che nel 2011 Terna ha deciso di investire nella realizzazione, non a caso nel Sud Italia, di capacità di immagazzinamento a batteria per 130 MW elettrici, per un costo di alcune centinaia di milioni di euro e prevedendo un tempo di 3 anni per mettere in servizio il sistema.
Ma l’intermittenza delle rinnovabili è solo il più recente ed eclatante dei fattori che rendono più che mai consigliabile l’installazione di capacità di accumulo. Fluttuazioni si verificano anche sul versante della domanda. Vediamo come.
La potenza complessivamente assorbita dalle utenze collegate alla rete nazionale oscilla nell’arco delle 24 ore e ci sono notevoli variazioni anche in base al periodo dell’anno: il minimo e il massimo assoluto, considerando qualunque data e orario, sono 22 e 56 GW. Sul sito Terna è possibile vedere in tempo reale la situazione. In figura è mostrato il profilo di consumo previsto (linea verde) ed effettivo (linea rossa) di una fresca giornata di settembre. E’ chiaro che la capacità di generazione (più la quantità di energia importata dall’estero, più la quantità di energia recuperata dagli accumuli idroelettrici) deve essere dimensionata per il picco, che in questa particolare giornata è di 34 GW circa.

Tuttavia, per quasi tutte le 24 ore il consumo è inferiore (in certi periodi, anche di molto) a 34 GW. E’ immediato vedere che il consumo medio della giornata si aggira sui 29 GW circa. Supponiamo che la capacità di generazione venisse dimensionata per questi 29 GW e non per il picco di 34 GW. Se tutta l’energia in eccesso prodotta fra mezzanotte e le 9 del mattino (area A nel grafico sotto) potesse essere immagazzinata, potrebbe poi essere utilizzata per “coprire” i periodi di maggior consumo, fra le 9 e le 15 (area B) e soprattutto il picco fra le 18 e le 23 (area C). Servirebbe però avere capacità di immagazzinamento per parecchie decine di GWh di capacità (pari all’area A=B+C evidenziata nel grafico), e con la possibilità di erogare tale energia con una potenza di circa 5 GW, quelli che mancherebbero all’appello per reggere il picco di domanda di 34 GW delle ore 20, visto che si potrebbe contare su solo 29 GW di generazione primaria.

Insomma, fra fluttuazioni lato domanda e intermittenza lato generazione (da rinnovabili), la rete elettrica è sottoposta a notevole stress e diventa improcrastinabile l’inserimento in rete di capacità di accumulo di capacità e potenza adeguate.
L’auto elettrica collegata alla stazione di ricarica potrebbe perfettamente assolvere al ruolo dell’elemento di immagazzinamento “diffuso”, e ad attivabilità istantanea, che oggi manca alla rete elettrica.
Se ogni auto elettrica ha, poniamo, una batteria da 20 kWh di capacità e 80 kW di potenza, allora 1 milione di auto elettriche connesse alla rete (…uno scenario dal quale, sfortunatamente, siamo ancora un poco lontani…) rappresenterebbero una capacità di immagazzinamento di 20 GWh “on line”, circa pari alla quantità di energia mediamente consumata in Italia in 30 minuti, e una potenza erogabile di 80 GW, notevolmente superiore alla potenza di picco assorbita a livello nazionale. E ben 16 volte superiore al gap di 5 GW discusso prima. Ce n’è d’avanzo per assorbire anche l’ipotetica, totale e improvvisa scomparsa dell’intero output da fotovoltaico ed eolico (circa 22 GW di picco installati). E se l’ammutolimento delle fonti intermittenti dovesse protrarsi per più di qualche minuto, ci sarebbe il tempo per ristabilire l’equilibrio attivando, “con calma”, capacità di generazione primaria termoelettrica tenuta di riserva: il tutto da fare prima che le batterie delle auto elettriche esauriscano l’energia che possono immettere in rete.
Questi numeri sono dell’ordine di grandezza necessario. 1 milione di auto elettriche in rete rappresenterebbero, dal punto di vista del gestore, un efficace agente “livellante” per i consumi della rete: sbilanciamenti di consumo o di produzione (e neanche troppo limitati per durata e intensità) potrebbero essere assorbiti con relativa facilità grazie alle batterie delle auto elettriche. Un black out locale, parziale, della capacità di generazione primaria, avrebbe minori probabilità di venire effettivamente notato, se vi fossero tante auto elettriche uniformemente connesse alla rete sul territorio. Perfino un black out totale dell’intera capacità di generazione nazionale (evento del tutto ipotetico: tutte le centrali ferme o scollegate dalla rete..), della durata massima di 30 minuti, potrebbe teoricamente essere compensato dall’immissione istantanea in rete dell’intera capacità delle batterie di bordo del parco auto elettriche nazionale. Si tratta di uno scenario quanto mai ipotetico anche perchè senza dubbio la topologia della rete non sarebbe preparata a reggere un così ingente ribaltamento del paradigma generazione-consumo; tuttavia, in termini di quantità di energia e potenza, sarebbe uno scenario sostenibile, se la rete lo consentisse e fosse abbastanza “smart” da gestirlo.
Questo ipotizzando che vi sia “solo” 1 milione di auto elettriche in rete (si consideri che attualmente circolano in Italia ben 36,7 milioni di auto, praticamente tutte a propulsione termica.. quindi c’è decisamente margine per pensare che presto o tardi le elettriche raggiungano il milione, pari al 3% circa del parco) e senza tenere conto del fatto che in futuro, con ogni probabilità, la capacità delle batterie per autotrazione crescerà rispetto agli abituali 20-25 kWh odierni, e così pure la potenza di picco erogabile. Con il passare del tempo, quindi, fra aumento del numero di auto elettriche e della capacità e della potenza delle loro batterie, l’effetto benefico non farebbe che irrobustirsi. (Certo, l’ideale sarebbe che il grosso di queste auto elettriche venisse parcheggiato nelle zone rurali del Sud Italia, vicino ai più potenti parchi fotovoltaici italiani, ma è probabile che almeno all’inizio il mercato principale sarà invece quello dei centri urbani del Nord Italia.)
La domanda nasce quindi spontanea: visto che grazie alla connessione delle elettriche alla rete il gestore può intraprendere un programma di ottimizzazione e downsizing della rete di distribuzione e dei centri di generazione, realizzando in prospettiva notevoli risparmi, perchè le auto elettriche, che rendono possibile tutto ciò, dovrebbero essere viste come un soggetto a cui fatturare consumi? Non sarebbe più sensato constatare che fra il costo dell’energia effettivamente consumata dal veicolo per muoversi e il risparmio consentito al gestore della rete per gli effetti appena discussi il conto chiuderebbe molto probabilmente in pareggio? In base a questo ragionamento l’auto elettrica potrebbe (e allora, secondo noi, dovrebbe) essere totalmente esentata da addebiti per consumo di energia.
Insomma, invece di inviare la bolletta ai proprietari di auto elettriche, il gestore dovrebbe dire loro “grazie” (con cadenza bimestrale o anche solo annuale, a sua scelta – non importa!)

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3 COMMENTI

  1. […] E ancora: una volta costruita la rete di colonnine e riempite le strade di auto elettriche, quando il veicolo arriva nel sito si porrà ancora la questione di quando far partire la ricarica, a che velocità e per quanto tempo (ricordiamoci le questioni di equilibratura dell’assorbimento di energia dalla rete elettrica e le situazioni in cui i veicoli connessi possono addirittura svolgere un ruolo di stabilizzazione della …). […]

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