Tra i vari fallimenti che si possono ascrivere alla Cop26, la conferenza a Glasgow sui cambiamenti climatici, ce n’è uno che riguarda da vicino il mondo della mobilità sostenibile. Non solo i grandi costruttori automobilistici, arroccati nelle loro convinzioni per motivi di business, ma anche alcune nazioni, tra cui Italia e Germania, non hanno sottoscritto la dichiarazione di intenti per lo stop alla produzione di auto con motore a benzina e diesel entro il 2035, seguendo l’obiettivo piuttosto ambizioso che si è data l’Unione Europea di immatricolare solo auto a zero emissioni da quella data nel pacchetto Fit for 55.
Piuttosto esplicite e conservative le parole del nostro ministro allo Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, che intervistato dal Corriere della Sera ha detto che “dobbiamo affrontare la transizione ecologica con un approccio tecnologicamente neutrale: decarbonizzazione non può diventare sinonimo di elettrico“, altrimenti “facciamo diventare ideologico un percorso che invece deve essere razionale”.
Il percorso è razionale a tal punto da non escludere le motorizzazioni a idrogeno. “Devono proseguire ricerca e studio su altri combustibili non fossili”, ha aggiunto Giorgetti, “sui quali le nostre imprese stanno facendo investimenti importanti: non possono essere esclusi a priori”. Il punto di vista di Greenstart sull’idrogeno nella mobilità privata è scritto in questo articolo.
Quali costruttori frenano la transizione “così veloce”
“Molte aree del mondo non sono pronte per le auto elettriche”, ecco perché alcuni colossi automobilistici del calibro di Volkswagen, Stellantis, Renault, Nissan, Hyundai, Bmw e Toyota stanno -per quello che possono- frenando il passaggio al motore elettrico. La strategia ufficiale prevede di gestire al meglio il periodo di transizione, passando per una progressiva elettrificazione della gamma con microibrido, full hybrid, ibrido plug in, che renderebbe il cambiamento meno traumatico, spostando quanto più possibile in là lo stop ai motori endotermici in favore dell’elettrico puro.
I costruttori che credono nello stop al motore termico
Tra chi invece ha firmato l’accordo per una cessazione della produzione entro i termini ci sono Volvo, Ford, GM, Mercedes-Benz, Jaguar Land Rover e Byd. Quest’ultimo è un produttore cinese che, insieme ad altri molto focalizzati a livello tecnologico, sta iniziando, un po’ sottotraccia, l’entrata nel mercato europeo. Forse è proprio questo il vero pericolo per l’industria automobilistica europea: se non saprà cambiare pelle velocemente e lasciare da parte ritrosie, potrebbe trovarsi tagliata fuori da un mercato che si svilupperà probabilmente in questo decennio e di cui Tesla ha tracciato la strada, non essendo solo un produttore di automobili.
Foto di apertura Brian McGowan su Unsplash