Facciamo un esperimento: prendiamo una comune auto termica, per esempio una compatta con motore turbodiesel omologato Euro 6 e proviamo ora a togliere un pezzo alla volta, tutto quello che non serve avere su un’auto elettrica.
Scorrete via via un pezzo dopo l’altro, e vi renderete presto conto di quanto sia più semplice costruire un’auto elettrica rispetto a una tradizionale a gasolio o benzina. Ma iniziamo l’elenco dei componenti superfui.
Serbatoio carburante
Pompa carburante
Sensore livello serbatoio carburante
Filtro gasolio
Filtro aria
Pompa olio
Testata
Serie 16 valvole
Serie 4 pistoni
Albero motore
Serie 16 punterie idrauliche
Cinghia di distribuzione
Tendicinghia
Volano bimassa
Pompa dell’acqua
Radiatore
Elettroventola radiatore
Pompa di iniezione
Turbocompressore con geometria variabile e valvola waste gate
Catalizzatore
Serbatoio additivo antiinquinamento AdBlue (urea)
Sensore SCR
Sonda lambda
Valvola EGR
Silenziatore di scarico
Cambio di velocità
Frizione
Motorino di avviamento
Cosa ci resta?
Arrivati a questo punto si penserà che quello che resta è un rottame, uno scheletro inutilizzabile buono solo per la rottamazione.
Invece è qualcosa a cui manca concettualmente poco per diventare un’auto elettrica: in sostanza una batteria, almeno un motore elettrico e una centralina di controllo.
Possibile? Un’elettrica ottenuta aggiungendo qualche pezzo a uno scheletro di auto termica spogliato di così tanti sistemi e componenti?
La semplicità di un’auto elettrica
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Concettualmente sì, perchè un’auto elettrica è intrinsecamente molto, ma molto più semplice da costruire, riparare e manutenere rispetto a un’auto termica. (Se non fosse per il costo ancora elevato delle batterie, costerebbe sicuramente meno).
La tecnologia sviluppata per i motori, le trasmissioni, la formulazione chimica dei carburanti, il controllo delle emissioni, l’abbattimento del particolato, gli accorgimenti motoristici per migliorare le prestazioni e ridurre i consumi… Tutto questo know how, risultato di oltre un secolo di ricerche, studi, prove e investimenti, non serve più su un’auto elettrica.
Questo significa anche che le Case oggi impegnate nella progettazione e produzione di auto termiche, finora protette dall’arrivo di nuovi concorrenti dall’imponente quantità di conoscenze ed esperienze (e brevetti) impossibili da reinventare in breve tempo, in prospettiva, per lo sviluppo delle auto elettriche, saranno improvvisamente private dello scudo protettivo di cui hanno finora goduto e risulteranno esposte come mai prima d’ora alla concorrenza di nuovi soggetti.
Cosa si può mutuare dalle conoscenze derivate dall’auto termica
Per realizzare un’auto elettrica le conoscenze riciclabili dal bagaglio di know how usato per le auto tradizionali sono essenzialmente quelle telaistiche, aerodinamiche ed ergonomiche.
Sulle altre competenze si riparte da zero, ad armi pari, e sarebbe bene che le Case “tradizionali”, i Governi dei loro Paesi e i territori interessati dall’occupazione che generano non dormissero sugli allori.
Si vede già ora che le nuove Case impegnate sulle elettriche hanno caratteristiche, ubicazione e competenze completamente diverse da quelle di una classica industria automobilistica.
Nuovi contro vecchi costruttori, la sfida entra nel vivo
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Ragionano con una logica da start-up, tipica del mondo tecnologico, e non hanno da gestire la lenta agonia di un business preesistente dai margini risicati e dal mercato saturo (piuttosto rischiano di non raggiungere l’attivo per troppo tempo a causa della lenta crescita del mercato delle elettriche, ma questo è un altro problema).
Possono così concentrare tutte le proprie energie all’innovazione sui nuovi prodotti, che hanno a bordo sempre più ingegneria informatica (fra l’altro le implementazioni più avanzate di guida autonoma, guarda caso, sono sulle auto elettriche) e sempre meno ingegneria meccanica classica.
Il caso di Tesla è emblematico: l’azienda è nata da zero nel 2003, il quartier generale è a Palo Alto in California (e non a Detroit e dintorni); è già così avanzata da vendere componenti per powertrain elettrici a Mercedes e da avere una partnership per lo sviluppo delle auto elettriche con il leader indiscusso delle ibride, Toyota.
Il fondatore e ispiratore, il sudafricano Elon Musk naturalizzato canadese e statunitense, laureato in fisica e in economia, ha una solida cultura informatica. Fondatore di PayPal, oltre all’avventura sull’auto elettrica e sulla Gigafactory, Musk si occupa anche di vettori orbitali (SpaceX), pensa al trasporto passeggeri in tubi ad aria compressa (Hyperloop), ha interessi nell’energia solare (SolarCity) e nell’intelligenza artificiale (OpenAI).
All’elenco vanno aggiunti tutti i vari indicatori termici e di livelli presenti sul cruscotto ed i liquidi come carburante, olio e raffredamento, oltre alle decine di metri di conduttori elettrici necessari al comando e controllo di tutta la componentistica indicata. Tanti altri chili e valore in meno.
Pur essendo noto l’elevato costo delle batterie ci si domanda come possano incidere così sensibilmente da annullare e superare il valore dei vari materiali indicati e portare il prezzo finale di vendita di un’auto elettrica a superare in maniera non trascurabile quello di una pari a combustione.
Quanto incide la scarsa economia di scala, per ora trascurabile, per queste elettriche?
[…] della piattaforma di un’auto elettrica e l’assenza, in un’auto elettrica, di una lunga serie di componenti complicate e soggette a guasti, tipiche invece delle auto termiche). Tesla ha quindi deciso di espandere la sua organizzazione mobile in grado di effettuare […]
DOMANDA :
MA TUTTE LE AZIENDE CHE COSTRUISCONO I PEZZI DI UN AUTO NORMALE CHE COSA PRODURRANNO ?
VERRANNO TUTTI MANTENUTI DALLO STATO ?
è uno dei temi sui quali la politica industriale di un Paese si deve interrogare, possiamo stare qui a guardare questo mondo cambiare totalmente o cercare di cogliere le opportunità che questo cambiamento comporterà. Non è impossibile, ma c’è molta strada da recuperare perché altri soggetti sono partiti molto prima e hanno un vantaggio indiscutibile, e non stiamo parlando solo di Fca e del suo ritardo cronico in questo settore. L’innovazione non è solo una parola per riempire discorsi interessanti, è anche un concetto che se messo in pratica può portare a non subire passivamente i cambiamenti in atto. Purtroppo per scelte industriali, e anche politiche, poco lungimiranti il rischio di essere davvero al margine è alto