Un’idea intelligente di riuso per le batterie smontate dalle auto elettriche, che possono avere una seconda vita
Il connubio tra auto elettrica, rete elettrica e fonti rinnovabili, si sa, è molto stretto. L’auto elettrica, va da sè, ha bisogno della rete elettrica perchè le occorre energia per ricaricarsi, ma può anche “ricambiare il favore”: infatti, mentre è collegata alla rete può anche fungere da elemento stabilizzatore della rete trasformando la sua batteria in una capacità tampone che può essere utilizzata per compensare i picchi di consumo della rete, ma anche le brusche e frequenti discontinuità nella quantità di energia immessa in rete da solare e fotovoltaico (GreenStart ha già parlato dell’argomento qui).
Non solo, ma le batterie parzialmente degradate estratte dalle auto elettriche possono ancora trovare utilmente impiego in installazioni fisse di parchi batterie destinati esclusivamente alla stabilizzazione della rete, e, come abbiamo discusso in passato, si stima che questo tipo di mercato secondario possa raggiungere una dimensione molto significativa: uno studio Navigant Research stimava a 1 miliardo di dollari al 2028 il business delle batterie semi-esauste per questo tipo di impiego.
Ora emergono nuovi dati che confermano la percorribilità di questo approccio, non solo per parchi batterie integrati nella rete elettrica generale, ma anche nell’infrastruttura dei data center. Secondo la BBC queste grandi installazioni di server consumano già oggi circa il 2.5% di tutta l’energia elettrica europea, e si prevede che questo livello possa arrivare anche al 5% nel 2019.
Per ridurre le emissioni di CO2 legate a questo ragguardevole consumo elettrico, da tempo si studiano modi per ridurre i consumi nei data center e per alimentarli sfruttando energia generata da fonti rinnovabili; tuttavia rimane il classico problema della loro discontinuità, che non è compatibile con le necessità di funzionamento “always on” di queste macchine.
È qui che emerge l’ipotesi di riutilizzare batterie di trazione parzialmente degradate, quindi non più adatte all’uso sui veicoli, per realizzare installazioni fisse che aiuterebbero i data center a immagazzinare l’energia prodotta localmente da fonti rinnovabili.
È una delle idee del progetto GreenDataNet, che mira a rendere più ecosostenibili i grandi data center, con una combinazione di soluzioni energetiche (come quella descritta) e informatiche (come il consolidamento automatico dei carichi di lavoro su un minor numero di server, attraverso la migrazione delle macchine virtuali, negli orari non di punta), anche mettendo in rete fra loro più data center con un interscambio di informazioni sui loro consumi elettrici.